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Premio internazionale di letteratura Città di Como

“Amate la poesia più di voi stessi”. Dialogo con Milo De Angelis

 

Pubblichiamo un breve dialogo con Milo De Angelis, giurato del premio “Città di Como” e una delle più autorevoli personalità della letteratura italiana contemporanea. Al Salone del Libro di Torino presenterà la sua nuova raccolta di poesie, nello “Specchio” di Mondadori.

 

Come è cambiato il “pubblico” della poesia dall’epoca del tuo esordio nell’omonima antologia del 1975 ad oggi?

Il pubblico della poesia essenzialmente non cambia. E’ il pubblico più stabile che io conosca. Pochi lettori assetati e devoti, sempre quelli, dovunque, nei blog o in libreria, nelle biblioteche o nelle scuole, sempre loro, con qualche eroico compagno di viaggio che si aggiunge e rimane a vita nel drappello.

Ci si orienta sempre più al digitale, nella comunicazione. Che ruolo ha internet nella scrittura poetica? può aiutare a diffondere una cultura letteraria, a condividerla?

La scrittura poetica può diffondersi in qualunque modo. Il foglio e lo schermo sono due facce della stessa medaglia.

In una intervista hai affermato che occorre leggere tanti testi per poi liberarsene nella scrittura. è una forma di catarsi, di sintesi, di ecologia della mente? Indica gli autori che ritieni fondamentali nella tua formazione di lettore, autore e critico e quelli che ritieni imprescindibili per chi fa poesia oggi (sia a livello di scrittura creativa che di orientamento critico).

E’ così: la cultura e l’intelligenza non devono mai essere esibite. Devono entrare nel verso sotterraneamente, come una linfa segreta, un invisibile nutrimento. Nella mia formazione sono stati fondamentali (nel senso che hanno creato le fondamenta) Giacomo Leopardi, Fëdor Dostoevskij e Friedrich Nietzsche. Su queste fondamenta si è costruita una dimora dove hanno abitato molti poeti: tra tutti loro mi sono stati carissimi Marina Cvetaeva e Paul Celan.

 

Quali criteri ritieni applicabili nella valutazione dei testi che arrivano al premio? 

Cerco di seguire, più che dei criteri, il movimento vitale del testo, la forza centripeta che durante la lettura si sprigiona e converge nel cuore di un pensiero dominante. Cerco di cogliere la novità di questo pensiero, la malìa delle sillabe, la forza della sua domanda, la traccia inconfondibile del suo stile.

 

Hai usato la rima, in chiave di rimembranza infantile, cadenza liturgica, linguaggio musicale. Cosa ne pensi oggi? 

Penso ancora oggi che questi tre luoghi siano i migliori per ospitare la rima.

 

Si è tentata in passato una geografia dei luoghi letterari in poesia, penso alle puntate uscite proprio su “Poesia”. Per te l’appartenenza a un luogo cosa significa? Ad esempio, cosa è per te Milano? E che rapporto hai avuto e hai con Como e il Lario (che hanno in passato ispirato numerosi poeti e artisti…). 

Sono un poeta del lago – come ho detto tante volte – un poeta che non si inoltra in nuovi territori ma affonda dentro quelli in cui già si trova e resta nel cerchio originario. E anche la mia infanzia è legata ai luoghi lacustri, da Moltrasio a Nesso, a Varenna, a Bellagio e soprattutto a  Brunate, che era il luogo della pace. Quando mia madre mi vedeva inquieto o ansioso, diceva sempre: “devi andare a Brunate: lì ti calmerai e troverai la soluzione”. Brunate per me rimane il luogo in cui si risolvono i problemi. Quanto a Milano, amo le sue periferie: la periferia milanese è più importante del centro storico, è un mondo di voci, sapori, tradizioni e ha ispirato un intero Novecento di poeti e narratori. E poi Milano è l’antitesi della Città Eterna, è una città distrutta e rinata mille volte e anche questo me la rende cara.

 

Siamo a 40 anni dal tuo primo libro, “Somiglianze”. Quali suggerimenti puoi dare a un esordiente oggi, sulla base della tua esperienza? Conta più il primo libro o il secondo?

Proprio così, 40 anni, una vita, due vie, mille vite, poiché la giovinezza le raccoglie tutte in se stessa e raccoglie anche la morte. “Somiglianze”: la vita  e la morte in un abbraccio fulmineo. La giovinezza qui regna sovrana. C’è sempre il senso di un esordio, di qualcosa che sta per cominciare, di una gioia che è lì, imminente e che ci chiama, ma anche di un trauma che la minaccia e la getta nel baratro. E infatti Somiglianze è un libro di chiaroscuri, di bufere e di schiarite improvvise, di perdite insanabili e di amori che, proprio lì, in piena perdita, si spalancano e fanno rinascere la vita. Cosa consiglio a un esordiente? Di amare la poesia più di se stesso. Rinunciare a tutto il resto. Diventare un umile servitore della poesia, dedicarle la vita e la morte, scrivere il secondo libro con la stessa energia esordiente del primo e insieme con la certezza dolorosa che un tempo irreparabile è trascorso.

 

A cura di Lorenzo Morandotti

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