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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Andrea Vitali e l’arte della scrittura

 

Il presidente della giuria del premio internazionale “Città di Como”, Andrea Vitali, è ottimista sullo stato di salute della narrativa italiana contemporanea: “In generale – dice – mi sembra che stia vivendo un’ottima stagione, è stata come  resuscitata da un ventennio a questa parte, dopo avere un po’ sofferto, si trova un po’ compressa se non negata da certi soloni che la consideravano di serie b, a favore della narrativa straniera. Direi che  si è presa la sua bella rivincita e ora attraversa come detto  una stagione prolifica”. Certo, proliferano i giallist… “Ecco, queste sono a mio parere derive un po’ estenuanti, ormai ogni paese di provincia ha il suo vicequestore, il suo omicidio efferato da risolvere. Intendiamoci, nulla da eccepire sulla qualità di maestri come Camilleri e Manzini, che mi piacciono molto, è un genere dignitosissimo che se ben fatto assicura ore di godibile lettura, ma la strada del giallo è ormai percorsa da una pletora di autori. C’è poi un altro tipo di letteratura narrativa che non mi trova d’accordo ed è quella che io definisco letteratura ‘profumata’, di color rosa, un po’ troppo estenuante nel trattare l’argomento amoroso, è un riflesso di quello che in musica si chiama ‘genere melodico italiano'”. Oggi si fa un gran parlare di fiere del libro, c’è la disfida a colpi di biglietti staccati tra la fiera “Tempo di libri” di Milano e lo storico salone torinese che compie trent’anni. Che ne pensa un autore di successo come Vitali? “Io mi considero uno scrittore artigiano, e vedo sul mercato molti autori che sono come quei fiori dotati di fiato corto, che durano l’arco di una sola giornata. Forse perché non hanno un retroterra forte di letture e di esperienze. Lo scrittore nasce dal lettore, è sempre stato così e lo sarà sempre. Insomma, ci sono in giro  meteore che durano. lo spazio di un solo titolo.  Quella che propongo io invece è una ricetta infallibile,  la sfida del tempo la vincono i prodotti di onesto artigianato. E  per onestà intendo che lo scrittore deve avere le idee chiare, mantenere costante il filo diretto che lo lega ai lettori, che non sono da tradire bensì da fidelizzare senza forzature. Lo ripeto, io mi ritengo un artigiano, e non riesco a definire altrimenti la mia attività. So che non scriverò mai il romanzo che ribalterà le sorti del mondo, ma mi limito a constatare che  appartengo una schiera di raccontatori di storie, che hanno un mondo narrativo sotto gli occhi, un teatro da raccontare”. E in questo suo teatro bellanese che ormai milioni di lettori conoscono e apprezzano, Vitali dove si colloca? “In questo teatro mi calo nei personaggi più desolati, che vivono di espedienti, che fanno lavori saltuari e mal pagati. Ne invidio molto la forza d’animo, con cui tirano a campare, ammiro la fantasia che mettono nell’affrontare le loro quotidiane difficoltà. Adoro queste figure marginali e una delle cose più belle che mi è capitato è scoprire che anche in un microcosmo come quello che racconto e che è il mio teatro esistenziale affacciato sul lago di Como esistono personaggi come questi, e hanno una loro umanità segreta che spesso non viene tenuta in conto. A me piace il loro punto di osservazione sulle cose, perché spesso consente un ribaltamento di prospettiva rispetto a quello che avviene: io  mi metto volentieri con l’immaginazione dall’altra parte della scrivania, vestendomi di queste figure illusorie, come il ladruncolo del mio ultimo romanzo “A cantare fu il cane”. Questi personaggi sono figli delle sensazioni  che provo quando faccio giri solitari nel mio paese, Bellano, e scopro che c’è sempre una vita diversa da quella ufficiale, oltre il solito perimetro che comprende la piazza, il municipio e la canonica. Lì io esploro e trovo materiale narrativo.”

Ringraziamo Andrea Vitali per il tempo che ci ha concesso e lo salutiamo con un’ultimo quesito che riguarda il suo lavoro di giurato nell’ambito del premio “Città di Como”. Quali criteri di giudizio adotta? “Cerco sempre la linearità nel raccontare una cosa. Il narratore deve avere qualcosa da dire, ed essere convincente, e per farlo non deve obbligare il lettore a compiere fatiche particolari per seguire il ritmo del racconto. Queste  sono le due cose fondamentali. Il che non implica affatto povertà di linguaggio. Uno dei miei  maestri , anche se non l’ho mai conosciuto di persona lo considero tale, è Leonardo Sciascia: un modello di intelligenza creativa dove l’uso magistrale del vocabolario crea una scrittura però sempre molto comprensibile”.

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