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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Fotografia come arte, la lezione di Giovanni Gastel

 

Le sue foto campeggiano spesso sulle copertine di famose riviste come “Io Donna”, il femminile del “Corriere della Sera”. Per lui, la fotografia deve essere empatia, una festa per tutti. “L’arte fotografica è ai suoi massimi storici, e io non posso che rallegrarmene, anche in veste di presidente  onorario dell’Associazione Fotografi Italiani Professionisti e membro permanente del Museo Polaroid di Chicago. Ormai è diventata un linguaggio, a tutti gli effetti. Ormai comunichiamo attraverso le immagini, e io ne sono felice”. Parola di Giovanni Gastel, membro della giuria del premio “Città di Como” e maestro della fotografia italiana.  “D’altra parte – aggiunge –  anche i fotografi devono prendere atto di questa situazione e imporsi doverosamente un salto di qualità: il nostro lavoro deve sempre più diventare autoriale, anche quando il soggetto è una cosa apparentemente impersonale e poco poetica come un semplice mucchio di chiodi. Il fotografo non deve essere chiamato alla mera ripetizione del reale, questa funzione ci è stata tolta dagli smartphones, ecco perchè oggi va in auge un tipo di fotografia che racconta la realtà, ed ecco spiegato il proliferare di  fotoracconti e fotogallery: la funzione di catalogazione della realtà che era propria delle fotografia si è esplicitata così ora”. Nel concorso una specifica sezione riguarda i racconti per immagini. “Dentro la realtà – dice Gastel –  il fotografo deve trovare la propria modalità di racconto. Molti sono spaventati da tale prospettiva, ma io non credo che vada interpretata in questi termini. La foto io dico sempre che allude al reale, non ne è la rappresentazione fedele. Occorre creare una visione della realtà, io non sono uno specchio fedele ma una personalità che interpreta,  allude al reale per crearne uno parallelo . ognuno di noi è unico nella sua individualità, in tutto l’universo. Dentro ognuno di noi c’è già il suo stile, ognuno deve andare dentro di sé nel profondo, e definirsi per quello che è trovare la parola che lo rappresenta meglio, qui  e ora. Rabbia entusiasmo, e non a caso uso il termine “parola”, perchè c’è una forte commistione tra immagine e scrittura, tra dimensione visiva e dimensione verbale. Così si riesce a estrarre il succo l’anima di ciò che vedi e rappresentarlo in modo originale.  È il mio mestiere, interpretare il reale. È il cardine della mia estetica. Anche se è spesso difficile lavorare soli, in modo così individuale, ci sono quelli che ci credono e quelli che preferiscono rimanere nel gruppo”. Gastel ha un curriculum unico. “Ho fotografato tutto il mondo ormai – dice sorridendo – Moda e vip sono mestieri completamente diversi. Nella  moda fotografi sempre il vestito, non la modella, che è come dire un accessorio, è uno strumento funzionale: la più  brava e ce ne sono di davvero sublimi, esalta le doti dell’abito che indossa, deve entrare in perfetta sintonia con l’abito e compito del fotografo è a sua volta esaltare proprio questa magia, questo magico effetto di consonanza. Per i personaggi l’approccio è completamente diverso, il ritratto significa capire a fondo chi hai di fronte. Ad esempio, tanto per citare uno dei personaggi cui più sono legato, ero preoccupato per l’incontro con Francesco De Gregori che è un mio mito musicale da sempre. Speravo che non fosse diverso da come me l’ero immaginato attraverso le sue bellissime canzoni  ma poi quando ci siamo trovati è scattata la magia e quel Francesco che mi ero costruito dentro ho scoperto che corrispondeva perfettamente a lui, al suo spirito, quando abbiamo potuto parlarci direttamente”. “Empatia insomma – prosegue Gastel – è la prerogativa del mio mestiere. Sui miei set ci si diverte, si è rilassati, tutti quanti sia noi dello staff che i nostri soggetti. La fotografia è una festa e voglio che risulti tale,  e in più è un rito veloce, la fotografia nasce in contrasto con la pittura che ha tecniche invece piuttosto lente. Nasce  come scatto veloce. Ecco io trovo che più tempo di dedica a un set di posa e peggio è , la foto deve venire quasi subito. Cosi il ritratto viene più personale”.

Lo scorso settembre nel Palazzo della Ragione a Milano ha avuto luogo l’esposizione Giovanni Gastel a cura di Germano Celant. Un’ampia antologia del ricco percorso del fotografo, dai suoi esordi negli anni settanta a oggi, per presentare la complessità della sua ricerca nell’ambito della moda, dell’informazione e della sperimentazione visiva. La mostra è stata un “ritratto” di Gastel in cui si intrecciano sia le vicende professionali, biografiche e famigliari, per documentare il suo metodo di lavoro, basato sull’analisi e la proposta seriale del soggetto trattato. Una lettura inedita che contestualizza la sequenza di fotografie, prodotte per riviste e settimanali, quale proposta narrativa e poetica, composta da diversi capitoli. Un modo di “scrivere” per immagini che è il riflesso delle parole che appaiono nelle sue poesie e nella sua scrittura autobiografica. Il lavoro di informazione, comunicazione e ricerca che Gastel ha sviluppato attraverso le riviste, le mostre e la sua personale indagine, è stato esibito in un inedito display labirintico, dove gli insiemi “per serie” metteranno in evidenza il carattere della sua narratività, la modalità personale dell’uso della luce e il confronto con i soggetti, nell’ininterrotto scambio tra la sua formazione e la sua professione, compresi l’educazione famigliare, il suo muoversi nel mondo imprenditoriale e dei media contemporanei, sempre coltivando la sua passione poetica.

Gastel è nato a Milano da Ida Pace Visconti di Modrone, detta Nane, origina dalla famiglia Visconti che risale all’undicesimo secolo e dal 1277 al 1447 ha governato il Ducato di Milano e da Giuseppe Gastel, imprenditore. In questo universo ricco di legami con la più aristocratica storia italiana, connessa all’espansione e al consolidamento della città di Milano, e con l’evoluzione della società contemporanea, indotta dall’imprenditoria borghese, alle porte del boom culturale e industriale degli anni settanta, Giovanni compie la sua prima formazione estetica e culturale in ambito teatrale, anche influenzato dallo zio Luchino Visconti, famoso regista di cinema e teatro, recitando in una compagnia sperimentale. Il legame con la parola si consolida poi nella scrittura poetica, che dagli anni del liceo lo appassiona al punto che, nel 1971 a soli 16 anni, pubblica Kasbah, una prima raccolta di liriche. Dal 1972 comincia a scattare immagini, come ricerca autonoma sul medium fotografico, durante i viaggi che lo portano in Africa e sulla costa sud del Mediterraneo. Nello stesso anno vende la sua prima fotografia ma è solo in seguito che capisce il suo valore professionale. Tra il 1975 e il 1976 comincia a produrre still life per la casa d’aste Christie’s ed elabora l’identità visiva di diverse aziende italiane. Dai primi anni ottanta a oggi Gastel ha collaborato con più di 50 testate italiane e internazionali e pubblicato circa 130 copertine; ha prodotto più di 500 tra campagne e cataloghi per diverse maisons di moda e grandi firme di beauty, gioiello e design; ha scattato più di 300 ritratti in bianco e nero e a colori. In 40 anni la ricchezza della totalità del suo fare fotografico, che si muove tra l’informazione e l’arte, si è sviluppata attraverso l’uso privilegiato del banco ottico e delle lastre Polaroid 20 x 25, per aprirsi alle tecnologie digitali appena Gastel ne ha intuito le potenzialità. In occasione della mostra è stata pubblicata, da Francesco Mondadori Editore, una monografia su Giovanni Gastel a cura di Germano Celant e con progetto grafico dello studio Graph.x, in cui sono state raccolte immagini, documenti, dichiarazioni, testimonianze e opere a formare un volume inedito sulla storia di Gastel fotografo e “comunicatore” nel mondo della moda, dell’informazione e dell’arte.

Lorenzo Morandotti

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