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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Bioetica

Nel suo ultimo saggio “Io e lei. Oltre la vita” che abbiamo presentato il 9 giugno presso la Biblioteca Comunale di Como, Edoardo Boncinelli propone una serena meditazione sulla morte.

Scrive di aver avuto consapevolezza della morte a cinque anni mentre era a Bologna in un centro di accoglienza profughi e accorgendosi che anche i nonni non ci sarebbero più stati a breve, pianse.

Mi viene in mente Erodoto che ci dice che Serse mentre osserva il suo sterminato esercito passare sulle rive delll’Ellesponto per invadere la Grecia scoppia in un pianto irrefrenabile.“Serse, perché piangi così?”, gli chiede il suo attendente. “Perché immagino che di questi meravigliosi giovani tra cento anni non ne sarà rimasto uno solo in vita”, è la risposta del Gran Re. Che forse non era così cattivo come lo hanno descritto.

Tornando all’attualità…

… Da allora per lui la morte diventa un concetto certo ma non angoscianteNel libro discute i vari aspetti, le consolazioni della religione, le risorse della scienza e ci introduce ai più recenti aspetti della biologia e della genetica.

Autore di decine di saggi nonché grecista e traduttore di Saffo e Archiloco, Boncinelli è stato professore di biologia e genetica presso l’università di Milano San Raffaele e quindi conosce molto bene l’argomento.

Tuttavia per non confinare il dibattito a temi filosofici che comunque non hanno controprove come si evidenzia nel pensiero di Epicuro che ci dice che quando c’è la morte non ci siamo noi e viceversa, si è pensato di allargare il dibattito a tematiche di fine vita e alle varie scelte per potere morire con dignità.

Si è dato seguito a questa idea e così è nato l’incontro della serata con Beppino Englaro e Mina Welby e Padre Nagle Cappellano della Fondazione Grassi di Milano. Incontro che ha visto una grande affluenza di pubblico e sala gremita.

La posizione della chiesa dice che la vita è un bene indisponibile e solo Dio può darla e toglierla, i laici dicono che la vita di un uomo appartiene solo a lui e non allo stato o a dio.

Ma al di là di questo e di fatto, anche se facciamo gli scongiuri, con una mentalità mutuata dal 900 che stanco dei macelli mondiali ha pensato di eliminare la morte non nominandola o confinandola negli ospedali, questi argomenti debbono comunque riguardare tutti perché nella vita ci sono due sole cose sicure: la prima è che tutti moriremo, la seconda che non sappiamo quando.

E forse è meglio arrivarci preparati.

Al fine che si possa ottenere una buona morte per un numero sempre maggiore di persone.

Vita e morte sono strettamente intrecciate e sono due aspetti speculari e interconnessi.

Ho proposto due spunti di riflessione.

Il primo racchiuso in una frase di Umberto Veronesi che dice: “morire è un dovere biologico perché rientra nel grande disegno della Natura, ma la sofferenza non serve a nulla”.

Il secondo da Erasmo che spiegava come non fosse possibile una buona morte senza una buona vita.

Se non ci formuliamo cioè determinate domande, e ognuno di noi sa quali possono essere, ci sarà difficile accettare la fine.

Occorre rifletterci.

 

Giorgio Albonico

 

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