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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Dacia Maraini: “I libri sviluppano l’intelligenza, ma in Italia si legge sempre poco”

(l.m.) Dacia Maraini, che anche quest’anno è il fiore all’occhiello della giuria del premio letterario internazionale “Città di Como”, non fa sconti a nessuno. “In Italia hanno successo le grandi fiere del libro, ma sono manifestazioni effimere, ed è un paradosso, perché nel nostro Paese si legge sempre di meno. Manca cioè quel rapporto profondo di dimestichezza con la lettura che rende l’esperienza davvero formativa ed educativa. Leggere libri sviluppa l’intelligenza, lo ripeto sempre nei miei incontri con le scuole”.

Questo secondo Dacia Maraini si riflette anche sulla qualità della produzione letteraria. “Non mancano anche oggi scrittori capaci di farsi voce critica e interpreti indipendenti della realtà, penso senza voler fare torto a nessuno degli altri che non citerò, a Erri De Luca e a Melania Mazzucco ma ce ne sono molti altri”. Ma oggi c’è un po’ la tendenza a improvvisarsi scrittori. “Uno non può fare l’avvocato, faccio solo un esempio, e poi impegnarsi a scrivere romanzi. La scrittura è una cosa seria” dice Dacia Maraini. “Qualcosa – prosegue – capace di scavare nel profondo della realtà, e svelarne i lati nascosti, come in passato hanno fatto grandi autori anche italiani, penso a Verga, penso a Pasolini, penso anche a Elsa Morante ed Alberto Moravia. Però insisto ancora sulla mancanza di lettori: in un paese civile servono lettori di libri, e non parlo di acquisire informazioni di cronaca, in quel caso di fonti ne abbiamo a disposizione tantissime. Parlo proprio di letteratura, uno strumento potentissimo perché è ciò che permette di sviluppare l’immaginazione che è una cosa importantissima e non mi stancherò mai di dirlo. Ci permette di andare al fondo delle cose”.

Come faceva peraltro Philip Roth, recentemente scomparso.

“Sì, è stata una grande perdita, e come lui lo sapevano e lo sanno fare tanti autori anche italiani. Per questo sostengo che il grande difetto della nostra letteratura è che soffre di un paradosso ossia che si legge poco, il 41% dei libri che escono, e non è la prima volta che lo dico, non vende nemmeno una copia e quindi è una grande energia che va sprecata, che va al macero”. Come uscire da questa situazione? “Creando nuovi lettori, e per questo la scuola è fondamentale, più che nelle famiglie sono nel corpo insegnante che vedo speranze per il futuro della lettura”.

Dacia Maraini sarà protagonista a Como in ottobre, per la presentazione del suo nuovo romanzo edito da Rizzoli Tre donne.  Le protagoniste sono una nonna, ex attrice riciclatasi in «donna delle punture» a domicilio, di pensieri audaci e umore quasi sempre allegro, una madre casalinga tuttofare e, insieme, traduttrice e sognatrice, e una figlia (e nipote) diciassettenne. Un inno all’altra del cielo, un ritratto della società moderna al femminile e dell’Italia di oggi, dei suoi cambiamenti, un bassorilievo scolpito con la levità la grazia e la profondità proprie della felice penna narrativa di Dacia Maraini. L’appuntamento per la presentazione è alla libreria Ubik di piazza San Fedele 32 a Como sarà il 19 ottobre alle 18, ingresso libero. «Una storia di amore e disamore» recita il sottotitolo. Il libro, che sul “Corriere della sera” è stato definito “femminista” nel senso migliore del termine, cioè dalla parte delle donne, capace di esaltarne la forza e l’energia generativa e la capacità di tessere legami profondi laddove l’uomo pare sia solo abile a distruggere e a seminare egoismo, esce in un’Italia sempre più attraversata dalla piaga dei femminicidi.

“I delitti calano – commenta l’autrice – tranne quelli contro le donne. Significa che le donne stanno crescendo in consapevolezza e in autonomia, vogliono essere libere, artefici del proprio destino, e questo a molti uomini purtroppo non va giù, li fa impazzire perché sono legati a un retaggio antropologico antico, che non sopporta la possibilità che l’essere umano possa evolvere, possa cambiare e diventare più autonomo. Per fortuna non tutti gli uomini sono così, uno che ha un minimo di equilibrio interiore capisce che le cose stanno cambiando e le accetta, si adegua, sa che fanno parte dell’evoluzione della comunità umana. Ma non tutti ce la fanno. Ed ecco l’origine dei femminicidi. Io non credo a una contrapposizione netta, di tipo biologico, non è la biologia a creare differenza ma la storia. Si diventa donne diceva Simone De Beauvoir e lo ha ribadito la ricerca di Elena Gianini Belotti in quel libro stupendo che consiglio a tutti che è “Dalla parte delle bambine”, fino ai due anni non c’è differenziazione sostanziale. Poi i due rami si dividono, ma è appunto un fatto di cultura. E siccome viviamo in una società avanzata ed emancipata, molti uomini non lo accettano, identificano ancora l’amore con il possesso, che è un retaggio ancestrale, antico. Non tutti gli uomini sono così, lo ribadisco, ma i più deboli non capiscono che la cultura può progredire, e il loro disagio, come ci raccontano purtroppo tanti episodi di cronaca, può sfociare nella pazzia e in una tragedia, una specie di buco nero che inghiotte ogni cosa”.

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