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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Flavio Santi, al cuore e alle radici della scrittura di oggi

Flavio Santi fa parte della giuria del Premio “Città di Como”, è poeta, narratore e  traduttore oltre che docente universitario. Quale è lo stato di salute della poesia oggi in Italia?

“La risposta diplomatica sarebbe: bene, grazie. La verità: oggi, complici i social media, si scrive troppo e si legge sempre meno. E spesso la buona poesia si studia anche male soprattutto in università (dove le facoltà di lettere dovrebbero preparare per lo più lettori attrezzati e di gusto), o addirittura non la si conosce. Detto ciò, ci sono anche molte energie positive in campo, e a noi interessano quelle. Sono un ottimo pessimista, diciamo”.

Il digitale è un progresso per la letteratura?

“Con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione grazie a Internet soprattutto, direi potenzialmente è un progresso. Ma sappiamo usare bene, questi mezzi? In un secondo possiamo accedere a grandi classici, come a opere di nicchia. Questo è splendido. Ma poi ci soffermiamo su di esse un altro secondo. A volte ho l’impressione che siamo scimmioni alla guida di una potentissima astronave”.

Dove collocarsi oggi, come poeti? Avanguardia o tradizione? Ha ancora senso parlare di tendenze e scuole?

“Né Futurismo né Montale. Sono tempi liquidi, non ci sono più le grandi scuole poetiche – ermetismo, Linea Lombarda, surrealismo meridionale, scuola romana, neoavanguardia ecc. Un bene? Un male? Un bene perché ci sono meno vincoli e più libertà. Un male perché si è perso il senso di una comunità intellettuale”.

Le riviste hanno ancora un senso?  E i manifesti?

“Riviste, manifesti ecc. sono state per me delle eccellenti palestre, dove pubblicare le prime cose, confrontarmi, conoscere altri scrittori, dunque ben vengano sempre. Off line e on line. Ma devono essere serie e di qualità”.

Cosa pensa dei poetry slam oggi tanto in voga?

“La slam poetry non è poesia, sennò la chiameremmo poesia. È intrattenimento, cabaret, che ci vuole per carità. Lo slam sta alla poesia come gli sketch di Zelig a un atto di Zio Vanja di Cechov. O come una partitella a calcetto rispetto a una partita di Champions. Tutta questione di gradualità. Dalla partitella si può arrivare alla serie A, no?”

E l’autopubblicazione?

“Abbassa il livello, anzi lo fa precipitare, perché l’opera d’arte prevede sempre due poli, un mittente, l’artista, e un destinatario, il lettore. Se i due coincidono, non si dà opera d’arte. Semplice. Anche qui, le cose poi sono un po’ più complesse e sfumate, nel senso che si può cominciare con un’autopubblicazione per farsi leggere e conoscere, ma poi bisogna maturare – come diceva Whitman.”

Ma come si giudica un testo poetico?

“La poesia è un testo complesso, anche la poesia più semplice è estremamente lavorata e sfaccettata. Sennò sarebbe qualcos’altro, uno slogan. Dunque, bisogna valutare le parole – il lessico –, la retorica – metafore ecc. –, il contenuto, la cosiddetta intertestualità – i riferimenti ad altri testi (il celebre inizio della Divina Commedia è la traduzione esatta di un verso di Isaia, ad es.). In poesia non si dice “Non c’è il sole”. Si dice “Manca il sale del mondo”. La luce che illumina i pollai, un altro esempio, è “luce sudata dai pollai”. Così funziona la poesia”.

A chi daranno il prossimo Nobel per la poesia, dopo quello a Dylan?

“Secondo me il Nobel a Dylan vale più come Nobel alla canzone d’autore in genere, che a Bob nello specifico, i cui testi non sono particolarmente costruiti o originali – pir  dire Bori Vian ha scritto canzoni più belle e originali. O Nick Cave per citare un vivente. Simon Armitage sarebbe un bel Nobel: grande poeta dei nostri di tempi liquidi. Stavo per fare i nomi di Ashbery e C.K. Williams, ma mi sono accorto che sono morti. Peccato. Comunque leggeteli, meritano, per capire cos’è la poesia oggi, nel XXI secolo. O anche Mark Strand”.

Santi lavora anche sul giallo. Oggi è un genere molto in voga.

“Il romanzo nasce come genere borghese, di intrattenimento anche (alto ovviamente), dunque si deve confrontare quotidianamente con un pubblico. Il genere giallo è una specie di super-narrazione, perché racchiude in sé tutte le caratteristiche della narrazione: personaggi, ambientazione, suspense, racconto dell’oggi ma anche del passato, dunque non ce ne sono mai abbastanza! In un romanzo si può scrivere “Non c’è il sole”, perché poi ci interessa sapere cosa succede dopo che il sole è sparito. Non ci interessa l’impressione lirica o il pensiero emotivo su quel sole – come invece in poesia”.

A cosa sta lavorando?

“Sto ritraducendo Flatlandia per la BUR Rizzoli, cercando di modernizzarlo. A breve uscirà una mia traduzione di un altro classico, il Voyage autour de ma chambe, ritradotto con il titolo di Giro della stanza. La traduzione è anche reinterpretazione, rilettura in chiave moderna. Quanto alla mia scrittura, ho alcune idee da sviluppare, legate sempre al mio adorato Friuli”.

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