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Premio internazionale di letteratura Città di Como

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Come scrivere bene? I suggerimenti di Raymond Carver

Raymond Carver, grazie di essere venuto a trovarci a Como.

Secondo lei che è ritenuto maestro della scrittura per efficacia e capacità di evocazione, come nasce un buon racconto?

Una volta mi sono messo a scrivere quello che si è poi rivelato un bel racconto, anche se all’inizio mi si era presentata solo la prima frase. Erano già diversi giorni che andavo in giro con queste parole in testa:

«Stava passando l’aspirapolvere quando squillò il telefono».

Sentivo che dietro quella frase c’era una storia che voleva essere raccontata. Me lo sentivo nelle ossa che insieme a quell’inizio ci doveva andare una storia, bastava che trovassi il tempo per scriverla.
Il tempo lo trovai, un giorno intero – dodici, quindici ore, addirittura – bastava che volessi metterlo a frutto.
E così fu, una mattina mi sono seduto e ho scritto la prima frase e subito le altre frasi hanno cominciato ad attaccarsi a quella.
Ho composto la storia come avrei composto una poesia; una riga dietro l’altra e poi un’altra e poi un’altra ancora.
Dopo un po’ ho cominciato a intravedere la storia e sapevo che quella era la mia storia, proprio quella che avevo voluto scrivere.

Cosa le fa dire “mi piace” leggendo un racconto?

Mi piace quando nei racconti c’è un senso di minaccia. Credo che un po’ di minaccia sia una cosa che sta bene, in un racconto.
Tanto per cominciare, fa bene alla circolazione.
Ci deve essere della tensione, il senso che qualcosa sta per accadere, che certe cose si sono messe in moto e non si possono fermare, altrimenti, il più delle volte, la storia semplicemente non ci sarà.
Quello che crea tensione in un racconto è, in parte, il modo in cui le parole vengono concretamente collegate per formare l’azione visibile della storia.
Ma creano tensione anche le cose che vengono lasciate fuori, che sono implicite, il paesaggio che è appena sotto la tranquilla (ma a volte rotta e agitata) superficie del racconto.

Quali sono gli strumenti necessari?

Il compito dello scrittore di racconti è di investire quel qualcosa appena intravisto con tutto ciò che è in suo potere.
Egli deve metterci tutta l’intelligenza e tutta l’abilità letteraria che possiede (il suo talento, insomma), tutto il suo senso delle proporzioni e della forma: dell’essenza reale delle cose esterne e del modo in cui lui – e nessun altro – le vede.
E tutto questo si ottiene attraverso l’uso di un linguaggio chiaro e preciso, un linguaggio usato in modo da infondere vita a dettagli che illuminino il racconto al lettore.
Perché i dettagli siano concreti e carichi di significato, è essenziale che il linguaggio sia dato in maniera quantomai accurata e precisa.
Le parole possono essere precise anche al punto da apparire piatte, l’importante è che siano cariche di significato; se usate bene, possono toccare tutte le note.

Ma lei si diverte a scrivere? Roland Barthes parla di “piacere del testo”…

Mi piace pasticciare con i miei racconti.
Preferisco armeggiare attorno a un racconto dopo averlo scritto e poi armeggiarci di nuovo in seguito, cambiando una cosa qui e una cosa lì, piuttosto che scriverlo la prima volta.
La stesura iniziale mi sembra la parte difficile da superare per poi andare avanti e divertirmi con il racconto.
La revisione per me non è un obbligo sgradito – anzi, è una cosa che mi piace fare. Forse sono per natura più riflessivo e attento che spontaneo, e qui sta forse il motivo di questa predilezione.
Ma magari no, non c’è alcun legame tra le due cose tranne quello che vi immagino io. So solo che rivedere e correggere l’opera dopo averla scritta è una cosa che mi viene naturale e in
cui provo un grande piacere.
Può darsi che io corregga perché così facendo mi avvicino pian piano al cuore dell’argomento del racconto.
Sento di dover continuamente tentare di scoprirlo. È un processo, non una posizione stabile.

E le scuole di scrittura? Sono utili?

Un buon insegnante di scrittura creativa può far risparmiare un sacco di tempo a chi ha la stoffa dello scrittore.
Secondo me può far risparmiare un sacco di tempo anche a chi non ce l’ha.
Scrivere è un lavoro duro e solitario ed è facilissimo imboccare la strada sbagliata.
Se facciamo bene il nostro mestiere, noi insegnanti di scrittura creativa svolgiamo una funzione «in negativo»  quantomai necessaria.

 

(Intervista immaginaria ispirata dalla lettura del manuale “Il mestiere di scrivere”, antologia di testi, introduzioni e interventi del narratore americano Raymond Carver, edito da Einaudi)

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