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Premio internazionale di letteratura Città di Como

Intervista a Giulio Mozzi

Manuali di scrittura in circolazione?

Molti, non tutti utili e coinvolgenti. “Oracolo manuale per scrittrici e scrittori” edito da Sonzogno di Giulio Mozzi – il titolo si ispira all’Oràculo manual y arte de prudencia del grande seicentista spagnolo Balthasar Gracian –  è una felice eccezione che spicca nel panorama e giustamente il premio “Città di Como” l’anno scorso l’ha voluto evidenziare nella sezione dedicata alla saggistica. Giulio Mozzi è un talent scout dal palato fino, consulente per importanti case editrici, scrittore in proprio e anche poeta  e curatore di una scuola di scrittura da quasi trent’anni.

Con questo libro cui ora fa seguito scritto con Laura Pugno un “Oracolo manuale per poete e poeti” dedicato a chi scrive versi  che immaginiamo parimenti utile sempre per Sonzogno, guida l’inesperto e lo scrittore già di esperienza alla scoperta delle insidie che lo spinoso esercizio della scrittura comporta. Un cammino irto di ostacoli ma anche foriero di soddisfazioni a saperci fare con oculatezza e garbo e misura. Ed ecco che pagina dopo pagina con l’ausilio di sapienti illustrazioni (un cactus-scrittore che simboleggia appunto le spine che dicevamo)  e di un sistema  di impaginazione originale che parte da una frase di tipo apodittico sulla pagina di destra e da una sua esemplificazione e spiegazione didascalica su quella di sinistra Mozzi consegna al lettore – scrittore un metodo facile di pronta consultazione per  risolvere molteplici problemi di scrittura narrativa.

Un libro-gioco mai banale, un prontuario di casi clinici che la scrittura spesso comporta, un aiuto per la messa a fuoco dei principali problemi del viaggio della scrittura ovunque carico di arguzie e strategemmi per un efficace bricolage letterario con provocazioni e   domande maieutiche e soprattutto una macchina di pensiero e azione che apre a ulteriori approfondimenti e invita a non indugiare ma a essere operativi sulla pagina in modo pratico ed efficace perché frutto di una lunga esperienza della scrittura propria e altrui. Senza mai dimenticarsi il piacere che il testo provoca e da cui nasce come diceva il semiologo Roland Barthes perché la scrittura può anzi deve essere un divertimento per chi scrive ma soprattutto per chi legge. Qualche esempio. “Il meglio è talvolta nemico del bene, e il perfezionismo una zavorra”. Dato che le parole sono importanti come dice Nanni Moretti in “Palombella rossa” attenzione all’etimologia: “Procurati un dizionario etimologico e va’ a leggere l’etimologia di tutte le parole che adoperi”. Dal punto di vista narratologico, oltre a consigli già uditi ma che è bello e utile ribadire perché fondamentali come leggersi a voce alta e registrarsi per conoscere il ritmo vero della propria scrittura, occorre poi che l’autore debba “sapere tutto dei personaggi, anche ciò che non dirà al lettore”.

Anche il nome del negozio dove è stata comprata la camicia che quel dato personaggio sia pur apparentemente minore o inossidabile nel suo temperamento dall’inizio alla fine dell’opera come Don Abbondio per esempio indossa in quel determinato momento della storia che si sta componendo e poi si leggerà sulla pagina. E su tutto governi l’agire dello scrittore, imberbe o colto, la consapevolezza dei propri limiti e delle proprie ambizioni al tempo stesso. In un esercizio inesausto che porta spesso a gettare tutto e a ripartire da capo e comunque a un lavoro di approssimazione alla perfezione che non la toccherà mai (a volte è meglio cancellare il file del romanzo dopo averlo stampato e ripartire da lì, ricopiarlo con pazienza zen e certosina). Occorre in fondo capire una verità scomoda ma da ripetere come un mantra ossessivo: “i grandi scrittori del passato non ti guardano: sono tutti morti. I tuoi lettori, invece, sono vivi e vegeti.”

Dio ti vede nel segreto dell’urna quando voti, si diceva una volta. Stalin no. E il Dio dello scrittore è in buona sostanza il lettore che riscriverà il testo nella sua mente e nella sua vita una volta che tu glielo avrai fatto pervenire in un modo o nell’altro. “Tu non sei necessario alla tua storia. Il tuo lettore sì” annota Mozzi. Se più autori leggessero con profitto questo libro e se lo passassero di mano in mano e di generazione in generazione di certo avremmo meno manoscritti raffazzonati in giro e meno sedicenti scrittori in circolazione.

Lorenzo Morandotti

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