Back
Image Alt

Premio internazionale di letteratura Città di Como

La conchiglia e la perla. La lezione di Dacia Maraini

“Un popolo di scrittori, gli italiani, che purtroppo legge poco. Dobbiamo ripartire dai giovani e soprattutto dalla scuola. I giovani vanno contagiati con l’entusiasmo per la lettura, bisogna invitarli al libro, incuriosirli, non  certo obbligarli. Pensate che il 41% dei libri che escono non vendono nemmeno una copia, e questo non va bene, per questo sono contraria all’abuso  del computer, la memoria si perde nella virtualità eccessiva della tecnologia digitale”.  Ma di cosa si nutre uno scrittore? “La realtà è la bussola per uno scrittore –  ha detto Dacia Maraini a Villa Olmo, in occasione della cerimonia finale del premio “Città di Como” edizione 2017 – “Spesso dobbiamo avere a che fare con una realtà scomoda. dolorosa, terribile, mentre vorremmo cimentarci con qualcosa di più leggero. Ed è importante anche l’immaginazione. Senza immaginazione non c’è nemmeno l’etica, perché è con l’immaginazione che ci creiamo l’immagine appunto di ciò che è bene per una persona.” Nella mattinata, la giornata comasca della scrittrice l’ha vista protagonista di un incontro con gli studenti del liceo classico “Alessandro Volta” di Como. Nella Grand’Aula del liceo di via Cesare Cantù, accompagnata dal preside Angelo Valtorta e dalla professoressa Marina Doria, ha risposto a una fitta serie di domande su scrittura, attualità e società. Un lavoro quello del dialogo con l’autrice e la sua opera nato da profonde riflessioni in classe e che proseguirà durante l’anno scolastico con ulteriori approfondimenti.
A Marco che ha rotto il ghiaccio chiedendole se si sente compresa nel suo lavoro di scrittrice, l’autrice de “La lunga vita di Marianna Ucria” ha ricordato che un vero autore, un classico, è in grado di parlare a più epoche. “Ci sono autori anche significativi che però poi scompaiono, perché hanno saputo parlare solo al loro tempo. E poi ci sono i grandi, che sanno dare tante e tali risposte da saper dialogare anche con le epoche future – ha detto Dacia Maraini – Pensiamo a Dante. Ricordo nella mia infanzia certi contadini analfabeti che sapevano a memoria tante espressioni del poeta, e se le trasmetteraversare 700 anni e parlarci ancora oggi”.

La domanda di  Lorenzo, altro studente del Volta, verteva sulla ricchezza del linguaggio, nella esperienza formativa di Dacia Maraini. “Il linguaggio non è quello che viene fotografato nei vocabolari – ha ricordato la scrittrice – è un fenomeno molto complesso, che cambia di continuo. Personalmente non accetto l’uso eccessivo dei gerghi tecnici e di settore, come quelli della burocrazia, o dello sport, della medicina. Abusarne significa appiattire la ricchezza della lingua che è la cifra sostanziale dell’identità di un paese. Non può esserlo la religione, né una bandiera. Piuttosto è proprio il linguaggio a dirci chi siamo. E noi italiani dovremmo essere un po’ più orgogliosi della nostra lingua, che è la quarta più parlata al mondo, perché è la lingua dell’arte, della musica, della bellezza. E invece abusiamo di tecnicismi e anche di troppe parole straniere. Pensiamo a “mouse”, entrato nell’uso comune per via della diffusione del  computer. Nessuno vorrebbe tradurlo letteralmente con “topo”. Però abusiamo del termine “location”, per designare un luogo, una stanza. Lo  trovo dannoso. Una parola straniera va inserita nel linguaggio di un paese come fa la conchiglia con la sua perla. Che nasce da un granello di sabbia, che è entrato al suo interno. Il mollusco lentamente lo avvolge nella sua saliva, per circoscriverlo, e questa poi si solidifica dando vita appunto a una perla, preziosa e irripetibile. Ma se facciamo entrare troppa sabbia, la conchiglia muore.” “Anche per questo dico – ha aggiunto Dacia Maraini –  chi viene nel nostro paese deve imparare l’italiano, e le regole in vigore in Italia. Non c’è nulla di offensivo, in questo”. E ad Andrea, studente che ha richiamato l’attenzione sulla quantità di parole veicolate dall’inglese, specie in ambito tecnico-scientifico, Dacia Maraini ha consigliato di farsi promotore di un laboratorio, presso il classico di Como, per trovare sinonimi italiani alle parole straniere che bussano alle porte del nostro vocabolario. “Non facciamo abbastanza – ha detto – per trovare parole equivalenti alle inglesi, anche se l’inglese è la lingua prevalente nel mondo. Dovremmo fare come  francesi, che ad esempio preferiscono “ordinateur” a “computer”. Piegarsi supinamente a tale tendenza è una forma di servilismo. Cerchiamo di essere più orgogliosi della nostra identità linguistica”

.

Con la risposta alla domanda della studentessa del classico Paola si è poi entrati nel vivo del dibattito sulla donna nella società contemporanea. “ll femminismo è morto – ha detto Dacia Maraini – come del resto tutte le ideologie del novecento che hanno aggregato energie per cambiare la società moderna. Non è certo però venuta meno, anche se il femminismo storico ha esaurito la sua fase, il suo percorso, la lotta per difendere i diritti delle donne in una società maschilista, che vuole mercificare tutto, e dissacra la persona umana nella sua integrità, ad esempio imponendo meccanismi di seduzione attraverso l’esibizione del corpo femminile per  vendere questo  o quel prodotto.  Le menti più deboli e meno allenate a pensare cadono nella rete, e vengono sedotte”. E a Vittoria, allieva che ha chiesto quanto conti il viaggiare nell’esperienza di vita e di scrittura di Dacia Maraini, la scrittrice ha risposto che anche i luoghi, come il linguaggio, sono sottoposti a una perenne metamorfosi. “L’Africa che ho visitato a lungo con Pasolini e Moravia non esiste più – ha ricordato – ora è un continente soffocato dalla fame, dalla desertificazione, dall’Isis. Un mondo dove è più difficile stare. Per questo in molti cercano di scappare”. E poi ci sono molti altri luoghi da visitare, non solo nella Italia dei tanti borghi medievali da preservare. C’è anche una geografia immaginaria ma non meno  potente, quella della letteratura, che permette di viaggiare nel tempo e nello spazio: “Certi luoghi come la Neva di San Pietroburgo, certo Ottocento dickensiano o russo, penso a Gogol e a Cechov, li ho cari come i luoghi reali in cui ho vissuto – ha ricordato la Maraini. La studentessa del “Volta” Martina ha riportato la discussione sulle conquiste sociali. “Per me affermarmi come scrittrice è stato difficile, ho dovuto combattere contro molti pregiudizi. Il mercato editoriale è molto aperto, si sa che le donne leggono peraltro più degli uomini, ed escono molti libri scritti da donne. Eppure nell’empireo, dove si decidono veramente i modelli del futuro, penso all’università ad esempio, le donne non hanno ancora ascolto, quasi scompaiono dalla stanza dei bottoni. Personalmente devo molto al successo di Marianna Ucria, un libro che è uscito in 28 paesi, è stato difficile allora per i critici prendermi sottogamba alla leggera. Purtroppo oggi è più difficile essere scrittrici che scrittori. Ma parlo ovviamente per il mondo occidentale, perché in molti altri paesi del mondo le donne sono ancora schiave di una mentalità patriarcale. Pensate alla premio  Nobel pakistana Malala Yousafzai, vittima solo del suo desiderio di studiare. Una donna in certi paesi non può coltivarsi, perché la cultura, la conoscenza, ti rendono indipendente e quindi ti rendono scomoda.
In Italia il cammino verso la parità è stato lungo, e anche faticoso, pensiamo che il delitto d’onore è stato abolito soltanto nel 1981. Il nostro viaggio verso un mondo meno androcentrico è lungo. Ma consideriamo che altrove si è purtroppo molto più indietro, per ragioni storiche. La nostra strada verso la modernità è stata costellata da grandi conquiste, spesso non condivise, spesso in contraddizione fra loro ma storicamente innegabili. Per il nostro Paese penso al Rinascimento, al Risorgimento, alla resistenza. La stessa rivoluzione francese, che poi è finita malissimo, ha posto le basi della democrazia come oggi la intendiamo, ruotando tutto su tre valori cardine come libertà, uguaglianza e fraternità. L’altra grande rivoluzione è stata quella di Cristo, che ha avuto il coraggio di contraddire la Bibbia. Ha sostituito la vendetta con la giustizia (“ama il prossimo tuo”), e la schiavitù che era nell’epoca dell’Antico Testamento considerata normale e pacifica con l’ugugaglianza. E cosa che ritengo più importante di tutte ha chiesto di dare a Cesare quel che è di Cesare, cioè di separare la chiesa dallo stato. Al mondo islamico questo è mancato, è mancato qualcuno che storicizzasse il Corano, che è inevitabilmente legato al suo tempo, al settimo secolo d.C. Dove la chiesa ha anche il potere religioso, avvengono le cose peggiori. La chiesa si occupa di assoluto, mentre lo stato deve occuparsi della pluralità, ciò deve mediare tra tanti soggetti e quindi anche tra diverse forme religiose. La grande lotta fra sciiti e sunniti che divide il mondo islamico è appunto la divisione tra chi vuole storicizzare il Corano,  leggerlo come un episodio della storia, e quindi in modo critico, e chi come i sunniti ne chiede l’applicazione letterale. Noi abbiamo storicizzato la Bibbia, per cui non lapidiamo adultere e non tagliamo la mano del ladro. L’atteggiamento verso la donna è sempre un fatto di civilità. Il potere è controllo, cerca di avere il dominio assoluto sulla morte, e lo fa con le guerre, i tribunali, i carceri. E lo fa sulla vita, cercando di dominare il ventre delle donne. Imponendo loro divieti, pene, limiti.

L’ultima domanda è per Tommaso: Dacia Maraini ha avuto stretti legami familiari con intellettuali come Pasolini e Moravia, che oggi studiamo a scuola come voci importanti del Novecento. “Sono stati due intellettuali come usava dire un tempo impegnati – ha detto Dacia Maraini – nel senso che si sono interrogati sulla realtà e ne hanno parlato in modo critico, a volte in modo profetico. Quando ad esempio Pasolini chiedeva di fare il processo al palazzo, introducendo un concetto poi entrato nell’uso comune, ha anticipato fenomeni di critica al potere che si sono poi concretizzati con la lotta alla corruzione negli anni Novanta. Ed  è una buona cosa che si parli di fenomeni di corruzioni. Trovo sia salutare, quando la denuncia emerge e arriva alla ribalta, sarebbe peggio se la corruzione  pur presente rimanesse sotto silenzio”. E tornando a Pasolini e Moravia, ha aggiunto: “Il mondo intellettuale si è frammentato proprio perché sono finite le ideologie che un tempo avevano anche una funzione “cogente”, permettevano di riunirsi per progettare il futuro. Così ad esempio la politica si è ridotta a lotta per la conquista del potere, a semplice personalismo, e ha perso quello spirito di servizio alla comunità per cui anche è nata. Esistono ancora ideologie forti, ma sono sotterranee –  ha concluso Dacia Maraini – Penso ad esempio al fenomeno del volontariato, che è molto diffuso e per fortuna anche molto praticato, ma se ne parla pochissimo. Lo si pratica ma non lo si teorizza. Speriamo che forze come questa possano un giorno tornare ad essere forze di progetto più articolate e sistematiche, quelle forze che ti portano a confrontarti con gli altri e a unirti a loro per cambiare il mondo”.
Lorenzo Morandotti

 

Cookie Policy
Utilizzo dei cookie
I cookie ci aiutano a ricordarti, personalizzare la tua esperienza, distribuire offerte commerciali personalizzate e mostrarti più cose che pensiamo ti piaceranno. Per ulteriori informazioni sui cookie ti invitiamo a navigare la nostra pagina di cookie policy.
Settaggio dei cookie
Questi cookie ci danno la possibilità di offrire un'esperienza personalizzata per la tua navigazione.