Back
Image Alt

Premio internazionale di letteratura Città di Como

Dal laboratorio di scrittura del Liceo Volta

Pubblichiamo alcuni spunti tratti dai lavori delle studentesse e degli studenti del liceo Volta di Como impegnati nel progetto Leggere per davvero (https://premiocittadicomo.it/leggere-per-davvero-alternanza-scuola-lavoro/) .
Tutti i  partecipanti, guidati dalla prof.ssa Marina Doria,  hanno svolto l’attività di lettori valutatori di alcuni dei libri in concorso nella sezione “Opere per Ragazzi e Bambini”. 
Alcuni di loro hanno voluto anche leggere libri di altre sezioni e scrivere per il blog del Premio.
A tutte e tutti grazie per il lavoro svolto e per la passione dimostrata!

 

  • Il libro preferito della mia infanzia

“C’era un Re che faceva quattro passi. Guardava la gente, le rondini, le case, ed era contento. Passò una vecchietta, che andava per i fatti suoi, una vecchietta proprio a modo, solo che zoppicava un poco da una gamba, ed era anche un po’ gobba, e in più aveva il collo torto. Il Re la guardò e disse: – Gobba, zoppa e collotorto! Ah, ah, ah! – e le scoppiò a ridere in faccia.
Quella vecchietta era una fata. Fissò il Re negli occhi e disse: – Ridi, ridi, ne riparleremo domani”

(Gobba, zoppa e collotorto, fiaba abruzzese)

Riesco ancora a vedermi sdraiata su quel divano consunto, nei pomeriggi invernali, con gli occhi chiusi e una coperta di lana sulle gambe, mentre mia nonna, accanto a me, leggeva queste parole da un vecchio libro dalla copertina sgualcita. E riesco anche a immaginarmi in Alto Adige, d’estate, seduta su un balcone decorato con vasi di fiori, impegnata nella stessa attività di ascolto, dopo una passeggiata in montagna.

Infatti, mia nonna materna ha sempre avuto una smodata passione per la lettura, e ha cercato di trasmettermela (riuscendoci perfettamente!) passando ore ed ore a leggere e rileggere, con una pazienza fuori dal comune e con voce rilassata. E uno dei testi che ci piaceva di più, e che non ci annoiava mai, era Fiabe italiane di Italo Calvino, un libro enorme che raccoglie fiabe e racconti più o meno mitologici provenienti da tutti gli angoli dello stivale. Questa raccolta, che nell’edizione stampata nel 1986 di mia nonna ha una copertina monocroma decisamente poco attraente per una bambina dell’asilo e delle elementari, contiene in realtà un mondo straordinario. Infatti tra queste pagine abitano re, regine, briganti, draghi, stregoni e altri personaggi singolari, le cui vicende sono raccontate con facilità ed estrema perizia, oltre che con un grande numero di dialoghi, che rende piacevole sia la lettura sia l’ascolto. E in aggiunta, queste fiabe, come spesso si propongono di fare quelle popolari, cercano di trasmettere degli insegnamenti di carattere etico- morale ai lettori. E quindi risultava per me estremamente piacevole, oltre che molto formativo, discutere con mia nonna e farmi spiegare più chiaramente che cosa la fiaba volesse insegnare.

Non sono certa di quanto sia durata questa nostra tradizione, ma credo si sia prolungata anche quando sarei stata in grado di leggere da sola, perché trovavo estremamente piacevoli quei momenti di condivisione e di crescita.

In conclusione, il mio amore per Fiabe italiane di Italo Calvino è indissolubilmente legato, e certamente condizionato, dall’ambientazione e dai ricordi piacevoli a cui questo mi riporta, oltre che, chiaramente, dalla piacevolezza e dai temi trattati nelle favole.

Matilde Roda 

___________________________________________________________________________________________________________

Il libro per l’infanzia che mi ha rubato il cuore è Bandiera di Mario Lodi, edito da Einaudi nel 1985.
E’ il racconto di una fogliolina ribelle e indomita che sfida la natura, rimanendo ancorata al ramo del suo ciliegio anche dopo l’autunno, per ammirare i cambiamenti indotti dalle stagioni.
La narrazione, infatti, si articola in un anno, da una primavera a quella successiva. La mia compagna di viaggio, nella lettura di questo volume, è stata mia madre. Con lei passavo le giornate ad immaginare e a disegnare su carta i profili dei paesaggi descritti e i divertenti personaggi che con la loro grinta davano colore alla storia. Ciò che ho sempre apprezzato di questo libro è proprio l’immagine che esso trasmette del lavorio instancabile e forsennato della natura, che  si  può ricondurre a un ballo ritmato e ciclico in cui tutti hanno un ruolo e ognuno, perfino il più piccolo e insignificante degli insetti, è importante per la creazione.
Bandiera mi ha attirato da bambina e mi affascina tuttora perché è un inno alla vita, alla voglia di mettersi in gioco, al coraggio di inseguire i propri desideri. E’ un libro che dà speranza e incita ad avere la forza di vivere e di divorare la bellezza della natura con i propri occhi.

Camilla Caldarelli

___________________________________________________________________________________________________________

Di tutte le letture che hanno accompagnato la mia infanzia, quella che maggiormente ha lasciato un segno nella mia anima, ogni volta con una sfumatura differente a seconda dell’età, è certamente Il Piccolo Principe, capolavoro del francese Antoine de Saint-Exupéry.

Il romanzo breve in questione racconta la storia di un bambino che, per fuggire dalla relazione con una rosa, viaggia da un corpo celeste all’altro, tutti abitati da bizzarri adulti, fino al pianeta Terra, dove vive nel deserto con il narratore che, intimamente toccato dal loro incontro, decide di raccontarlo.

Temi da sempre cardine della letteratura europea quali l’amicizia, l’amore, l’altruismo, i vizi dell’umanità, ma soprattutto i comportamenti degli adulti, così curiosi, a tratti insensati agli occhi del ragazzo, sono trattati con una apparente delicatezza che nasconde grande profondità.
Così complessa nella sua semplicità, ricca di messaggi più o meno impliciti, la storia fornisce una visione fanciullesca della realtà fortemente simbolizzata: Exupéry insegna quanto sia importante preservare la curiosità infantile, lasciarsi stupire dagli eventi, compresi i più dolorosi, crescere imparare dall’esperienza, sempre.

La prima volta che ho ascoltato il racconto del Piccolo Principe,  la lettrice era mia madre, che mi voleva far capire l’importanza della curiosità: in seguito ho perso il conto delle occasioni in cui ho ripreso in mano il romanzo, anche in lingua francese,  per poter ascoltare le esatte parole che l’autore aveva selezionato per il suo pubblico; tutt’oggi parlare, rileggere o anche solo riflettere su questo libro mette in moto la mia mente come poche altre opere sanno fare, anche grazie al carattere etico costantemente presente nella narrazione.

Il personaggio che mi ha affascinato dal primo momento è quello della volpe, che spiega con chiarezza e sensibilità come funzioni l’amicizia e pronuncia una delle frasi più belle in assoluto ”l’essenziale è invisibile agli occhi”, emblema di una filosofia di vita liberatoria.

È una lettura a cui tutti dovrebbero avvicinarsi nel corso della vita.

Giulia Marzano

___________________________________________________________________________________________________________

In un mattino di Natale, da bambina, trovai sotto l’albero un regalo che avrei amato: il libro Piccole donne di Louisa May Alcott, pubblicato insieme al seguito, “Piccole donne crescono”.
Mi innamorai di questi romanzi appena cominciai a leggerli. Mi affezionai subito alla tranquillità di Beth, all’entusiasmo a volte ribelle di Jo, ai piccoli capricci di Amy e ai sogni di Meg. Ho letto  queste opere almeno una decina di volte e posso dire di essere cresciuta insieme alle quattro sorelle March. Chissà quante volte, nel periodo delle elementari, avrò cercato Piccole donne  nella mia cameretta per poterlo sfogliare di sera, nascosta dalle coperte, alla luce di una torcia.

Questo libro ha avuto il grande merito di farmi appassionare alla lettura: è stato il primo privo di illustrazioni che abbia posseduto, e mi faceva sentire una lettrice esperta. Mi ha permesso di scoprire che leggendo è  possibile viaggiare nel tempo e nello spazio, immaginare come si viveva in epoche diverse dalle nostre, fare progetti e piani per il futuro.
Per la prima volta, grazie a Piccole donne, ho sperimentato che dietro ad una semplice storia messa per iscritto si può nascondere un mondo meraviglioso in cui evadere e fantasticare.

Maddalena Pensotti

___________________________________________________________________________________________________________

      • Un libro mi ha cambiato la vita 

 Nessuno, o meglio tutti.

Inizialmente ho faticato a identificare un titolo che rispondesse adeguatamente alla domanda “che libro ti ha cambiato la vita?”. Infatti credo che tutti i libri, dal più semplice al più impegnativo, possano in qualche misura cambiare la vita di una persona, e che quindi le nostre decisioni e la nostra visione del mondo siano figlie di una moltitudine di letture.

Certamente, per far sì che un testo ci accompagni in maniera massiccia per tutta la vita o per un periodo particolarmente determinante di questa, è necessario immergersi nella lettura completamente, riflettendo anche su tutto ciò che le vicende e i personaggi ci vogliono trasmettere. E per questa ragione, alcuni libri ci lasciano un segno più grande, che difficilmente riusciamo a nascondere o a ignorare, a volte perché ci rispecchiamo in alcune situazioni o emozioni, a volte perché li leggiamo in momenti propizi a quel genere di storia, o altre volte ancora perché veniamo semplicemente stregati dalla capacità di narratore o dalla fantasia dello scrittore.

E senza dubbio il libro che mi ha condizionato di più e che mi ha mosso di più dentro è, da brava classicista, l’Odissea.

Non ricordo esattamente quando per la prima volta mi sono avvicinata a questa opera letteraria, ma credo che qualcuno mi abbia letto o raccontato qualche versione semplificata da piccola, prima di iniziare le elementari. Ed incredibilmente la storia delle peripezie del re di Itaca, che apparentemente non ha niente a che fare con il mondo in cui viviamo e che per questo dovrebbe risultare noiosa, mi è piaciuta, tanto che da quel momento non ho mai smesso di essere appassionata e di captare informazioni sui viaggi di Odisseo, nome che tra l’altro ho imposto al mio cane.

Credo che ad attrarmi innanzitutto sia stata l’idea del viaggio verso terre misteriose e popolate da esseri strani, a volte mostruosi come Polifemo, altre volte belli come Calipso, ma in tutti i casi interessanti e degni di essere raccontati. Infatti Odisseo non ha come unico obiettivo il ritorno a Itaca, tra le braccia di Penelope e di Telemaco: è anche animato da fortissima curiosità e da una tale sete di conoscenza che lo porta ad esempio a farsi legare all’albero per ascoltare il canto delle sirene. Del resto, come sostiene Giovanni Pascoli insieme a molti filologi e come riporta Eva Cantarella nel libro Itaca, il viaggio è il senso stesso della vita di Odisseo, che, secondo alcune versioni del mito, una volta giunto a casa sarebbe ripartito alla scoperta di nuove terre.

Questa attrazione si è evoluta in me  in una forte passione per il viaggio come momento di arricchimento personale e quindi di crescita.

Un altro aspetto che mi ha sempre stupito, sia da bambina sia durante i miei studi successivi, è quello dei rapporti tra i vari personaggi. Infatti trovo che, per quanto la nostra società sia strutturata in modo completamente diverso da quella omerica, i sentimenti e le emozioni siano espressi in maniera molto efficace all’interno dell’Odissea (e dell’Iliade) e siano rimasti invariati nel tempo. Gli esempi che mi vengono in mente sono innanzitutto la malinconia di casa e l’amore che unisce genitore e figlio e marito e moglie, ma anche il profondo legame di affetto che si instaura tra persone che si trovano a condividere parte del loro destino, come Odisseo con i suoi compagni. Ricordo anche di essere stata affascinata fin da subito dalla sensibilità e dall’attenzione dedicata da Omero (o da chi per esso) all’anziano cane Argo, che ha atteso il ritorno del padrone per morire.

Credo che la lettura della descrizione di queste dinamiche sociali mi abbia pian piano portato a riflettere e a confrontarle con quelle che potevo osservare intorno a me, iniziando a plasmare una mia idea di società e di relazione interpersonale, che è andata poi perfezionandosi nel tempo.

Infine, ho sempre trovato estremamente interessante il concetto di divino descritto nell’Odissea e il rapporto tra divinità e divinità e divinità e uomo. Infatti il vedere gli dei interagire e commettere errori, oppure provare sentimenti umani come la rabbia o la gelosia, è sicuramente un’esperienza drasticamente diversa rispetto a quella che ci viene proposta dal cristianesimo. Ad esempio, l’idea che una dea come Athena si debba battere con suo zio Poseidone per salvare il suo rampollo Odisseo, con il quale la dea stessa entra in contatto diretto per consigliarlo e aiutarlo con tutte le sue forze, si allontana da quello che possiamo sperimentare in una religione monoteista nella quale la divinità è senza imperfezioni ed onnipotente.

E certamente l’analisi di un così diverso modello religioso mi ha portato anche a una riflessione su quella che invece è la mia esperienza religiosa e quindi su quali siano le mie opinioni e le mie credenze in merito.

In conclusione, credo che la lettura (e la rilettura) dell’Odissea, storia di viaggi e di avventura, di fiducia e di furbizia, di solitudine e di malinconia, mi abbia incantata e cambiata, determinando non solo l’attrazione per il viaggio e uno sguardo critico  verso il mondo che mi circonda, ma anche un amore per il classico e per la mitologia che ha influito senza dubbio sulla scelta del mio corso di studi.

Matilde Roda

___________________________________________________________________________________________________________

La scorsa estate ho deciso di leggere, come testo a scelta per le vacanze di scuola, Delitto e castigo di Dostoevskij. L’ho iniziato quasi per caso: mi attirava il titolo, mi affascinava la figura di Dostoevskij …ma ero sinceramente un po’ perplessa per il numero consistente delle pagine. Sono rimasta tuttavia colpita, fin dall’inizio, dall’analisi precisa e coinvolgente della mente di Raskolnikov. L’idea di commettere l’omicidio viene ritratta mentre nasce nel cuore del protagonista e a poco a poco si fa strada, per poi evolversi in un vero e proprio progetto che viene tremendamente messo in atto. Il personaggio viene quindi reso in modo decisamente vero e realistico, per mostrare al lettore quali sono le cause che possono portare un uomo, nella sua fragilità, a compiere i delitti più terribili. Dostoevskij riesce a trattare con incredibile maestria il tema del male: e questa sua grande abilità mi ha davvero coinvolta.

Mi ha commosso moltissimo, inoltre, l’epilogo, in cui Sonja riesce a sciogliere il ghiaccio nel cuore di Raskolnikov e lo convince ad aprirsi al suo amore e al riconoscimento dell’errore compiuto. L’evoluzione interiore del protagonista viene raccontato dall’autore come una vera e propria “resurrezione”: si tratta di un finale meraviglioso, davanti a cui è impossibile rimanere indifferenti. Forse un libro non può cambiarci la vita ma può dimostrarci che noi possiamo cambiare.

Delitto e castigo mi ha anche insegnato, infine, a non avere più paura della  mole di un libro perché alcuni romanzi, anche se lunghissimi, possono essere indimenticabili.

Maddalena Pensotti

___________________________________________________________________________________________________________

 

Era l’estate scorsa, un caldo torrido aveva trasformato la mia città in un luogo fantasma. Così un pomeriggio non sapendo come trascorrere il tempo decisi di andare in biblioteca. Nella sezione narrativa era esposto un libro che subito mi balzò alla vista, aveva una copertina arancione con qualche sfumatura dorata, proprio i colori che secondo me caratterizzano l’estate. Se le stagioni avessero un colore credo proprio che l’estate sarebbe la copertina di quel libro. A richiamare la mia attenzione fu però il titolo: Mille splendidi soli. Dopo aver letto la quarta di copertina ero convinta di aver trovato il libro che avrebbe reso speciale la mia vacanza. Fu proprio così, ovunque mi trovassi, pagina dopo pagina, quell’estate non riuscivo a smettere di leggere.

Per me è impossibile non rimanere estasiati quando Hosseini descrive in modo intenso la vita ingiusta delle donne afghane, costrette a subire quotidianamente vessazioni e violenze disumane dal genere maschile. Durante la lettura spesso Hosseini fa riferimento al maschilismo estremo e alla totale mancanza di sensibilità del regime afghano nei confronti delle donne e tutto questo è descritto con grande trasparenza. Sono estremamente dispiaciuta che ciò che è descritto in questo romanzo avvenga, ancora oggi, in quei territori, con il ritorno al potere dei talebani.
Tuttora, purtroppo, a causa di questa tradizione maschilista ed opprimente, le donne afghane possono osservare il mondo solo passivamente. La storia narrata è l’intreccio delle vite di due donne afghane, dolore misto speranza, e ciò che mi ha colpito maggiormente è la poca consapevolezza delle donne afghane.
Vi erano passi del libro in cui la protagonista Mariam sentiva di meritare tutta la bellezza e la bontà che la vita aveva da offrire, ma solamente accanto al padre Jalil.
Questo non l’ho trovato per nulla corretto poiché una ragazzina curiosa, onesta e buona come lei dovrebbe essere in grado, autonomamente, di scoprire la bellezza dell’universo. Tutto questo insieme a varie scene atroci mi hanno coinvolto. In particolare, le parti in cui le donne sono giustiziate dai talebani solamente per aver provato a difendersi e a dare un’opportunità di vita a loro stesse e ai loro bambini. Prima fra tutti però vi è all’interno del libro la descrizione di un parto cesareo rudimentale dell’altra protagonista Laila, la quale è costretta a partorire senza anestesia poiché i talebani hanno svuotato gli ospedali. Ritengo che la nascita di suo figlio sia la speranza che distrugge il dolore e che ha reso tanto speciale questo libro per me.
A tal proposito, nutro da sempre una grande stima nei confronti di Gino Strada che lavorò per diversi anni in Afghanistan e che realizzò un’immensa opera per salvare molte vite!  Comunque questo libro nel bene e nel male mi ha portato a riflettere e trovo ingiusto che molte persone originarie di quei luoghi, ancora oggi, non conoscano realmente il mondo e la bontà della maggior parte degli uomini vissuti nei paesi democratici.

Mi piacerebbe un giorno, se avrò la fortuna di vivere un’esperienza così importante, poter aiutare queste persone. Anzi mi auguro che un giorno l’Afghanistan sarà un territorio dominato dall’amore e da emozioni belle come i colori sgargianti della copertina del libro di Hosseini che tanto mi aveva colpito.
Infine questa storia piena di dolore e di rinascita al tempo stesso mi ha emozionato e permesso di riflettere su tematiche ancora oggi attuali e complicate.
Ritengo poi che Hosseini abbia lasciato un’importante testimonianza della realtà che molte persone vivono quotidianamente in quei territori, una vera e propria cronaca degli ultimi trent’anni. Ogni tanto è fondamentale leggere libri di questo tipo, per capire quali siano i veri valori che devono ispirare ogni società civile: rispetto, cultura e soprattutto parità di genere.
Questo libro mi ha proprio cambiato l’estate e soprattutto la vita!

Giulia Del Piccolo

Cookie Policy
Utilizzo dei cookie
I cookie ci aiutano a ricordarti, personalizzare la tua esperienza, distribuire offerte commerciali personalizzate e mostrarti più cose che pensiamo ti piaceranno. Per ulteriori informazioni sui cookie ti invitiamo a navigare la nostra pagina di cookie policy.
Settaggio dei cookie
Questi cookie ci danno la possibilità di offrire un'esperienza personalizzata per la tua navigazione.