Intervista a Pierluigi Panza giurato del Premio Città di Como
Nel mare dei saggi i fari sono la qualità della ricerca e la capacità di farsi capire.
Pierluigi Panza, giurato del Premio Letterario Internazionale “Città di Como”, autorevole firma del “Corriere della Sera”, è critico d’arte e docente e ha di recente pubblicato il saggio L’ultimo Leonardo per i tipi di Utet, dedicato alla controversa vicenda del dipinto “Salvator mundi” attribuito al genio vinciano e battuto all’asta da Christie’s nel 2017 per 450 milioni di euro, record mondiale finora imbattuto.
Una vicenda dove nulla è inventato, ma che viene raccontata come un romanzo giallo, con risvolti di economia e sociologia della cultura.
Come orientarsi nel mare magnum dei titoli, specie della saggistica?
Ecco il suo parere di autore e lettore: “Si deve scrivere per un pubblico, questa è la prima regola – dice Pierluigi Panza – cioè non si scrive mai per se stessi, per lasciare la propria opera in fondo a un cassetto. Si scrive perché si vuole dare un orizzonte nuovo di senso a un tema, a un frammento di realtà, per esplorare nuovi territori.
Questo deve emergere dalla scrittura, e per farlo l’autore deve uscire in qualche modo da se stesso.
L’orizzonte del vissuto personale che porta ciascuno di noi a scrivere, a esprimersi con la parola, non deve essere cioè il fine ultimo della scrittura.
Come diceva il filosofo francese Jean Paul Sartre, deve esserci una debita distanza tra il proprio sé e l’oggetto della scrittura. Quindi non basta limitarsi a contenuti autobiografici, perché ciò che emoziona me non è detto che abbia lo stesso effetto su un altro”.
Oggi siamo invasi da libri sul mercato un numero impressionante di pubblicazioni di ogni genere.
“Sì, secondo una recente statistica – dice Panza – escono circa 60mila titoli l’anno, a fronte di una popolazione italiana che per appena per il 43,5% legge almeno un libro all’anno.
C’è una evidente sproporzione ed è uno sbilanciamento molto italiano, dove molti si credono essenziali al mondo, scrivono per se stessi o affidano i propri scritti al mare magnum della rete attraverso blog e social network.
Siamo di fronte a una palese patologia, se tutti scrivono ma pochissimi leggono”.
Ecco allora la funzione di un Premio come il “Città di Como”.
“Grazie allo sforzo encomiabile e incessante di Giorgio Albonico che ne è l’ideatore e presidente, si tenta di indicare, parlo in questo caso della saggistica, quei libri che spiccano quali portavoci di una divulgazione competente e autorevole, dove l’autore è non solo preparato ma anche competente e aggiornato sulla materia che tratta e la sa spiegare anche al pubblico dei non specialisti.
L’accuratezza scientifica non è nulla in questo caso senza la capacità di farsi capire nel modo più completo, ossia di comunicare in senso completo.
E questo vale ovviamente fuori dalla cerchia ristretta della saggistica universitaria che ormai viaggia al di fuori del circuito editoriale industriale o di massa ed è finalizzata all’ottenimento di risultati nell’ambito di una carriera professionale specifica, e quindi può permettersi l’uso di tecnicismi e formalismi che l’editoria divulgativa non potrebbe tollerare”.