Pierluigi Panza difende i valori della letteratura
Con quali criteri di giudizio orientarsi nel “mare magnum” della letteratura?
Ecco cosa ne pensa Pierluigi Panza, giurato del Premio “Città di Como” e autorevole firma culturale del “Corriere della Sera”. Panza ritiene meritevoli di attenzione le opere che non siano di intrattenimento puro, perché rimane convinto che la letteratura possa e debba essere uno strumento per leggere il mondo in cui viviamo.
Pierluigi Panza è scrittore, giornalista e docente universitario di Estetica e Storia delle Arti. E’ autore e curatore di numerose pubblicazioni scientifiche tra le quali Leon Battista Alberti: filosofia e teoria dell’arte (1993) e Piranesi architetto (1999). Ha pubblicato vari romanzi tra cui La croce e la sfinge. Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi, finalista al Premio Campiello nel 2009 e L’inventore della dimenticanza finalista al “Città di Como” nel 2014.
Così si presenta sul suo sito internet: “Giornalista professionista dal 1995, lavoro al Corriere della Sera, dove mi occupo di cultura. Dai primi anni Novanta svolgo attività didattica come Docente a Contratto al Politecnico e all’Università degli Studi di Milano. Ho scritto saggi e atti di convegno di carattere universitario-scientifico, cataloghi di mostre, e ho partecipato a riviste specializzate conservate nelle più accreditate biblioteche del mondo Sono autore di 18 libri, tra i quali quattro romanzi, uno pluripremiato (Premi Campiello, Cattolica, Rieti, Cavallini), editi dalle principali case editrici italiane. Alcuni sono stati tradotti all’estero. Sono fondatore e curatore del blog on-line “Fatto ad arte” sui temi dell’estetica artistica contemporanea per il portale del “Corriere della Sera”. Svolgo attività universitaria: Professore di “Estetica” al Politecnico di Milano; Professore di “Teorie e Tecniche della Comunicazione Giornalistica” all’Università degli Studi di Milano; Docente del “Master in Comunicazione” allo IULM; Membro del Comitato di valutazione dell’Università della Svizzera italiana. Ho fondato una rivista universitaria, “Ananke”, sui tempi della conservazione della cultura. Ho realizzato con altri “Punti di vista. Metropolis”, un programma televisivo a concorso per giovani film-maker sull’estetica urbana”.
Torniamo allora ai criteri di giudizio che il prestigioso parterre di selezionatori del “Città di Como” deve mettere in campo. “Teniamo presente – dice Panza – che in Italia solo il 45% della popolazione stando alle recenti statistiche dichiara di leggere almeno un lioro all’anno. Quindi i lettori forti sono pochissimi, il 10-12% del totale. Se parliamo di libri quindi rendiamoci conto che si tratta di un fenomeno abbastanza marginale. Qualcuno come Giulio Ferroni lo definisce addirittura una ‘esperienza postuma’. Senza essere così radicali, dobbiamo considerare il libro qualcosa che mantiene il proprio spazio nella società ma che non è più un’esperienza totalizzante come era ad esempio nell’Ottocento. Oggi il libro si trova a contendere con mezzi di comunicazione molto potenti, penso alla realtà digitale e alla fiction tv. Tutto ciò premesso, il senso che la letteratura ha oggi è fornire una trasfigurazione simbolica del mondo. Per questo motivo io personalmente nelle mie valutazioni nella narrativa e nella saggistica cerco di evitare quello che potrebbe essere chiamato il “populismo estetico”, cioè una sorta di strana fascinazione per ciò che è più facilmente digeribile dal pubblico. La letteratura deve rimanere un processo di elevazione intellettuale per tutti, dobbiamo rifiutarci di accettare acriticamente il mercato e le sue logiche di diffusione. Il significato principe di questa esperienza artistica è porsi come attività critica nei confronti del mondo e trasfigurarlo. Attenzione, questo non vuole dire cadere nell’eccesso opposto, ossia nella incomunicabilità tipica di certe sperimentazioni e avanguardie.I libri devono sempre saper comunicare, devono essere scritti in un linguaggio che trasmette emozioni che a loro volta siano foriere di una elevazione intellettuale. Quindi bando alla letteratura finalizzata alla banale divulgazione o al mero passatempo”.
Panza è anche un critico d’arte e di recente abbiamo letto sul “Corriere” le sue corrispondenze dalla Biennale di Venezia.
Questo paradigma di valutazione è valido anche nel settore dell’arte, secondo lei? “Anche l’arte è un’attività di critica nei confronti del mondo attraverso la creazione di oggetti che trasmettano emozione. Ma nel campo dell’arte si ha a che fare con un potere finanziario molto piu invasivo. La letteratura si sostiene con l’acquisto delle copie, è un’industria con minor fatturato, che dà al lettore l’illusione di essere più libero. Nell’arte no, ci si muove con le grandi distorsioni della finanza, dove collezionisti molto potenti, ad esempio quelli arabi, cinesi o russi, possono condizionare sensibilmente il consenso”. Si è concluso il Salone del libro di Torino. Che giudizio dà Panza della contrapposizione con la neonata fiera “Tempo di libri” alla fiera di Rho? “Alle case editrici si è chiesto uno sforzo rilevante per partecipare ad ambedue le manifestazioni. Almeno per quest’anno, Milano non ha vinto la sua battaglia. Anche perché ha imitato troppo il salone di Torino, in un luogo come la fiera, esterno rispetto alla città, che implicava un’attrattività che i libri praticamente non sanno esprimere. Immagino che ci si debba orientare a eventi come i “fuorisalone” del Salone del Mobile, che sono anche un fenomeno di socialità per molti giovani, un sistema che catalizza nel centro cittadino un notevole pubblico. Ma credo che alla lunga Milano, città con grandi potenzialità economiche e di servizi, possa avere la meglio su Torino”.