I consigli di scrittura del semiologo Roland Barthes
Questo famoso decalogo del grande semiologo francese venne pubblicato sul Corriere della Sera del 29 maggio 1969 ed è riproposto in Scritti. Società, testo, comunicazione, a cura di G. Marrone (Einaudi, Torino 1998, p. 433)
Dato che scrivere non è un’attività normativa né scientifica, non posso dire perché né per che cosa si scrive. Posso soltanto enumerare le ragioni per le quali immagino di scrivere:
1) per un bisogno di piacere che, come ben sappiamo, è collegato al rapimento erotico;
2) perché la scrittura decentra la parola, l’individuo, la persona; compie un lavoro la cui origine è indiscernibile;
3) per mettere in opera un «dono», soddisfare un’attività distintiva, operare una differenza;
4) per essere riconosciuto, gratificato, amato, contestato, constatato;
5) per assolvere impegni ideologici o contro-ideologici;
6) per obbedire alle ingiunzioni di una tipologia segreta, di una distribuzione combattente, di una valutazione permanente;
7) per soddisfare gli amici, irritare i nemici;
8) per contribuire a incrinare il sistema simbolico della nostra società;
9) per produrre sensi nuovi, ossia forze nuove, per impadronirsi delle cose in modo nuovo, per scuotere e cambiare l’asservimento dei sensi;
10) infine come appare dalla molteplicità e dalla deliberata contraddizione di queste ragioni, per eludere l’idea, l’idolo, il feticcio della determinazione Unica, della Causa (causalità e «buona causa»), e accreditare così il valore superiore di un’attività pluralista, senza causalità, finalità né generalità, com’è appunto il testo.