Editori a contributo e premi letterari
Le case editrici che si fanno pagare per pubblicare un libro sono viste in genere in modo molto negativo.Si pensa non sia giusto pagare per vedersi pubblicare una opera dell’ingegno e giustamente si ritiene che essendo l’editore in realtà un imprenditore,se decide di pubblicare un autore dovrebbe avere un margine di rischio,altrimenti che imprenditore sarebbe.I puristi inorridiscono a sentire che qualcuno debba comprarsi la pubblicazione di un’opera e le case editrici a contributo,che bene o male si conoscono e sono indicate anche in alcuni siti del web come tali,vengono percepite quasi sempre come truffaldine. In un recente articolo di un blog ho letto di un tranello che un giornalista,un critico letterario, ha teso ad alcuni editori a pagamento.
Si è divertito a mandare un romanzetto,scritto appositamente in pessimo italiano e con degli errori macroscopici talmente evidenti che non sarebbe stato possibile non notarli anche attraverso una lettura superficiale del testo.
Ebbene nonostante ciò, tutti questi editori hanno risposto proponendo all’autore un contratto editoriale,ovviamente con contributo,senza sollevare alcuna obiezione sul testo o senza minimamente rilevare alcuna incongruenza.
Qui siamo di fronte a una evidenza che tende ad ottenere solo un guadagno spennando alcuni e speculando sul quel naturale istinto di vanagloria che c’è,non nascondiamolo, in tutti coloro che scrivono.
Però non sarei così categorico nel giudizio.O meglio.Se la casa editrice si limita a farsi pagare o a fare comprare all’autore un numero spropositato di copie e non fa nulla altro,commette certo un qualcosa che è ai limiti della truffa.
Ma se a fronte dell’acquisto di un limitato o comunque ragionevole numero di copie da parte dell’autore fa poi un servizio reale da casa editrice,attraverso un editing accurato del testo e una distribuzione che comunque cerca di portare il libro nel maggior numero di librerie possibili,non mi sentirei di gridare allo scandalo.
D’altronde mi è capitato di leggere testi a mio avviso validissimi e romanzi avvincenti,pubblicati da autori con case editrici a pagamento o a doppio binario.
A doppio binario perché possono chiedere o non chiedere un contributo ad un autore,a secondo di loro valutazioni.
La domanda che viene spontanea è una sola:sarebbero mai arrivati alla luce questi testi attraverso gli editori puri?
Difficilmente credo e non è detto poi che un’opera pubblicata con contributo sia da scartare e che non possa essere migliore di una pubblicata da un editore puro.
Non sarei così certo che tutti gli editori a pagamento che però fanno il loro lavoro di editore siano così negativi,proprio per il fatto che spesso comunque pubblicano opere che hanno un loro valore e che gli editori puri non avrebbero magari mai tenuto in considerazione.
Ma non perché non siano valide,ma magari perché non rappresentano un prodotto commerciale,non raccontano una storia che si può vendere,non hanno i caratteri che i lettori cercano in quel particolare momento.
Ricordiamoci che l’editore è un imprenditore e come tale mira ad un guadagno:non fa beneficienza,non è il suo mestiere.
Quindi pubblicando pensa di potere vendere il suo prodotto,altrimenti non si esporrebbe a una presumibile perdita.Quanto durerebbe in questo caso sul mercato?
Nessuna attività può permettersi i bilanci in rosso.
E’ sbagliato pensare che quando un libro viene rifiutato o non viene considerato da un editore lo sia perché di poco valore.Non è sempre così.
Spesso può non venire preso in considerazione perché tratta argomenti giudicati non interessanti in quel particolare momento.
Ne consegue, per rimanere nel tema del titolo, che i premi letterari hanno una specifica funzione proprio perché possono disinteressarsi della casa editrice,concentrando l’attenzione solo sulla qualità dello scritto.
I premi non devono vendere ma semmai fare venire alla luce opere meritevoli che possono anche essere benissimo pubblicate dall’editoria a pagamento.
Non esistono distinzioni in tal senso.Al limite si può pensare,ma non sempre è così,che l’editore puro abbia fatto una valutazione critica dei testi che gli vengono inviati, in modo più accurato.Ma in base a quale criterio lo ha fatto e ha scartato alcuni e pensato di pubblicarne altri?
Pertanto i premi letterari possono segnalare e fare emergere scritti meritevoli di attenzione perché non vi è interesse nel pubblicarli per realizzare un guadagno e quindi non seguono le mode del momento che cambiano di continuo per logiche quasi sempre indotte.
Questo vale per l’inedito ma anche per l’edito.
In questi anni di selezione posso assicurare che ho letto testi bellissimi pubblicati da piccole case editrici alcune delle quali sapevo essere con richiesta di contributo,ma tale fatto non è stato per me e per nessun giurato penso, causa ostativa in senso negativo.Solo la qualità della scrittura e l’interesse che suscita è quanto differenzia un libro da un altro.
Niente altro.
Giorgio Albonico