Intervista a Pierluigi Panza
Pierluigi Panza, giurato del premio “Città di Como” e giornalista del “Corriere della Sera”, ha appena pubblicato da Mondadori “Un amore di Raffaello”, romanzo sugli ultimi cinque anni della vita del grande artista di cui riccorre il cinquecentenario della morte.
Dopo il premio Selezione Campiello nel 2008 per la “vita scellerata” di Giovan Battista Piranesi, Pierluigi Panza torna così con un’altra inedita storia di letteratura artistica che ci riporta all’Italia magica di mezzo millennio fa quando ci fu una esplosione di creatività che cambiò il mondo nel nome della bellezza. Il suo profeta fu appunto Raffaello, ritenuto dai suoi contemporanei un nuovo Cristo.
Chiediamo a Panza alcuni consigli per chi intende partecipare al premio e cimentarsi con la scrittura.
“La prima regola d’oro – dice il giornalista del quotidiano di via Solferino – è non scrivere di se stessi. Questa è una tentazione molto forte, ma bisogna considerare due aspetti: quello che noi sentiamo raccontando le storie che abbiamo vissuto non è detto che – attraverso le parole – riusciamo a farlo sentire agli altri. Inoltre, in qualsiasi racconto entra il vissuto dell’autore, pertanto non c’è bisogno di sbatterlo in faccia. Un racconto è far vivere, non spiegare qualcosa: bisogna evitare un tono professorale. Il linguaggio e i comportamenti dei nostri personaggi vanno studiati, altrimenti si rischiano anacronismi, banalità e improprietà. Ogni azione è individuata da un verbo preciso: se si ricorre troppo spesso agli ausiliari o a verbi di maniera qualcosa non va. Non bisogna infarcire di subordinate il discorso. Sono solo cinque “consigli”, ma penso che possano bastare. I più importanti di tutti, comunque, sono umiltà e autenticità senza i quali nessuno va avanti a leggerci”.
Lorenzo Morandotti