Intervista a Francesco Cevasco
Francesco Cevasco è una penna autorevole del “Corriere della Sera” dove ha diretto le pagine culturali ed è giurato del premio letterario “Città di Como”.
Cosa ne pensa del futuro del libro dopo la pandemia?
“Sono ottimista, si è tornati a leggere con intensità durante la quarantena e con la riapertura delle librerie il mercato ha potuto riprendere, escono moltissimi libri prima frenati dal virus. Il libro rimarrà, come è successo al teatro dopo l’avvento del cinema, e alla tv dopo l’avvento del web. Dovrà sapersi evolvere, accettare la sfida della trasformazione“.
Il pericolo è che al concorso arrivino molti testi legati al coronavirus.
“Sulle grandi epidemie è già stato scritto molto, non c’è bisogno di andare lontano. Sembra di essere tornati ai tempi dell’HIV quando il primo sfortunato vittima dell’Aids si sentiva autorizzato a scrivere un libro sui malanni della società. Auspico invece una letteratura che sia davvero innovativa, che sappia tener conto del tempo in cui nasce e quindi anche di sfide epocali come la pandemia senza farla diventare il proprio ombelico. Faccio un esempio. Philip Roth, autore che stimo molto, ha scritto della poliomielite ben prima che diventasse una epidemia. Un veggente, in un certo senso, ma la sua grandezza letteraria si esprime a prescindere dalla scelta di temi di occasione o di circostanza. Spero insomma che il virus non diventi una sorta di tormentone letterario. Ciò che resta nel tempo peraltro non è mai ciò che è alla moda e per questo come premio abbiamo il dovere di dare conto del merito di chi rischia dicendo qualcosa di nuovo. Una strada difficile, qualcuno sosterrà che è utopica, ma che ritengo sia da coltivare”.
Lorenzo Morandotti