
“Scrivere è salire e poi buttarsi giù”
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Sull’ultimo numero di “Robinson” di Repubblica, un interessante dialogo tra due scrittori di oggi. Una lezione di scrittura.
Nicole Krauss & Nathan Englander a confronto
Dialogo con Maurizio Crosetti per Repubblica-Robinson
Nathan Englander e Nicole Krauss si incrociano da vent’anni, sono amici e coetanei (quarantotto anni lui, quarantaquattro lei), ebrei newyorchesi, ex ragazzi prodigio della scrittura, surfisti del postmoderno nonché democratici storditi nell’America di Trump. (…) Hanno scritto da poco due romanzi assai diversi, eppure capaci di attrarsi come limatura di ferro se c’è la calamita. Nathan, con Una cena al centro della terra (Einaudi), e Nicole, con Selva oscura (Guanda), portano le loro storie in Israele in un continuo gioco di specchi e rimandi, tra prigioni del corpo e della mente ma anche celle di sicurezza vere, dov’è rinchiuso (per sempre?) il fantasma della libertà. Politica, e personale.
KRAUSS: « Viviamo in un mondo concluso, però la dimensione dell’arte e della scrittura è l’infinito. Dio è anche una finestra sul mistero, è vedere cosa c’è dall’altra parte se poi c’è qualcosa. Credo che Dio consista nel fare entrare gli altri e altre dimensioni nella nostra vita. Vale pure per l’amore. La protagonista del libro dice: non mi fiderò più di un amore che non abbia anche un elemento di violenza. Dove per violenza intendo la forza di cambiarci drasticamente: può essere spiacevole oppure esaltante, proprio come l’idea di Dio».
ENGLANDER: « Sì, la letteratura è una discesa a capofitto, oltre che una forma di sovversione. Una necessità di controllo senza controllo».
KRAUSS: «Eh, ma prima di tuffarsi bisogna arrivare in cima! Scrivere è sentirsi oppressi da cose molto più grandi di noi, non esiste il progetto assoluto, la mappa del tesoro. Scrivere significa sostenere l’incertezza per anni, a volte lavoro e piango pensando che non arriverò mai alla fine. Eppure bisogna fidarsi dell’incertezza, Keats la definisce capacità negativa che porta a esistere nel mistero. Quando scrivo, se a volte non rinunciassi al controllo non potrei permettere alle cose di accadere».